“La vacanza: condivisione della solitudine”

Antonio Folletto (sinistra) e Catherine Spaak e Enrico Iannaccone durante l'incontro da casa loro.

“La vacanza: condivisione della solitudine”

Incontro streaming con Enrico Iannaccone (regista),
Catherine Spaak e Antonio Folletto (attori)
 in "La vacanza"
In concorso per il Globo d'Oro 2020-2021

 

“Non vedo altri al di fuori di Catherine e Antonio, tant’è che non abbiamo neanche fatto un casting.” Questo è quanto ha detto il regista Enrico Iannaccone durante l’incontro virtuale il 30 marzo 2021 con i membri della giuria del Globo d’Oro. Altri partecipanti che hanno preso parte all’evento sono stati gli attori Catherine Spaak e Antonio Folletto.

Un film con un tema azzardato, un’amicizia molto particolare tra due persone diverse, tra cui però nasce grande complicità. Da dove viene l’ispirazione?
Enrico Iannaccone: “L’idea principale nasce dalla considerazione che ambienti problematici, e la relazione dialettica tra due persone che condividono una certa stanchezza di vita, per motivi diversi, può dare adito a grandi slanci e a grandi aperture spirituali. Per quanto questa stessa stanchezza arrivi da un dolore, autolesivo e limitante.

I due personaggi condividono sicuramente un senso di vuoto, ma anche il fatto che condividano la stanchezza può voler dire che aprono una piccola finestra sulla meraviglia, per quanto sono consapevoli che la chiuderanno col vento forte che hanno dentro, ma almeno vivendo qualcosa di bello prima.”

Come sono stati scritti i personaggi e scelti gli attori?
Enrico Iannaccone: “I personaggi sono stati scritti immaginando possibilità relazionali tra due anime. Gli attori non sono forse neanche stati scelti, erano inevitabili. Non vedo altri al di fuori di Catherine e Antonio, tant’è che non abbiamo neanche fatto un casting.”

Sarebbe giusto dire che è un film sulla solitudine?
Enrico Iannaccone: “Direi di sì, assolutamente, e sulla condivisione della solitudine, che non è un paradosso come può sembrare in un primo momento. La solitudine non è una circostanza, quanto una dimensione interiore, che può essere molto più condivisa dell’essere estroversi.”

Ho convinto Catherine comportandomi quasi come uno stalker

Come ha convinto Catherine Spaak e Veruschka ad accettare un ruolo in questo film, considerando anche che entrambe le attrici (soprattutto Veruschka) non ne fanno molti piu. E c’è per caso un rapporto speciale con la Germania?
Enrico Iannaccone: “Forse ho convinto Catherine comportandomi quasi come uno stalker! Scherzi a parte, le ho parlato, le ho detto che era un ruolo che vedevo solo per lei, per fortuna ho incontrato il suo favore in breve tempo, non solo sulla base della sceneggiatura, ma ci siamo anche riconosciuti spiritualmente in una bella amicizia. Ho un legame speciale con la Germania, ho le radici a Napoli ma sono abbastanza internazionale. Quindi anche con Veruschka, conosciuta a Berlino grazie alla mediazione di un carissimo amico, è nata prima un’amicizia poi una fortunata collaborazione.”Catherine Spaak e Antonio Folletto, cosa vi ha sedotto nei personaggi scritti da Enrico Iannaccone ? E come è stato lavorare insieme sul set?
Catherine Spaak: “Erano diversi anni che non lavoravo per il cinema, o giravo film. Non avevo trovato nulla che potesse piacermi, quindi pensavo di non fare più nulla per il cinema. Invece mi sono innamorata di questo personaggio. Tutto è stato estremamente naturale, l’amicizia nata con Enrico come se ci frequentassimo da anni, eravamo complici senza sforzi e senza falsità.

Per me è stato un incontro d’amore, con tutti loro, con Enrico e Antonio, posso dire di amarli e di averli sempre amati, come se avessimo vissuto un rapporto intensissimo nel passato ed ora ci fossimo riconosciuti. Questo amore si vede anche nel film, penso. Mi piace pensare che sia stata messa in scena sia una attitudine amorosa poco esplorata. Nei film generalmente ci sono storie d’amore con sesso, gelosie, ripicche, sofferenze, ma nel nostro rapporto non c’è stato nulla di tutto questo, anzi una beatitudine, un nirvana quasi.”

Il film è senza sesso, gelosie, ripicche, sofferenze, quasi un nirvana

Antonio Folletto: “Quello che mi ha colpito da subito è stata la sceneggiatura. Scritta veramente bene, i personaggi li vedevo già, e questo capita solo quando una sceneggiatura è ben fatta. Sono d’accordo con Catherine, è una storia d’amore, ed entrambi i personaggi erano molto stanchi, nonostante fossero in periodi diversi della loro vita. Avevano bisogno di colmare un vuoto, e l’ho sentito sul set, cercavo di appoggiarmi molto a Catherine, ecco perché l’esperienza è stata da subito molto forte. Ricordo la scena della Polaroid, tutti mi hanno detto che lì si aspettavano un bacio tra i protagonisti, invece nasceva da un rapporto molto puro. Emergeva soprattutto dai loro silenzi.”

Secondo Catherine come è cambiato il modo di far cinema dal lontano 1960 dei Dolci Inganni di Lattuada fino a questo film?
Catherine Spaak: “Possiamo parlare fino a domani sera? Scherzi a parte, è tutto cambiato, così come è cambiata la vita, la morale, i costumi. E’ un altro mondo, totalmente diverso da quello che ho vissuto, ma credo di essermi inserita nel nuovo abbastanza bene, e questo film mi ha dato tantissima felicità. Mai avuta una sensazione di tale benessere girando un film.”

Enrico, hai parlato di avere anche un legame culturale con il mondo tedesco. Quali film, filosofi, scrittori tedeschi ti attraggono?
Enrico Iannaccone: “Da un punto di vista artistico sicuramente l’espressionismo. Inevitabile come il nuovo cinema tedesco mi abbia formato, da Fassbinder, Herzog, Reitz, Wenders. Da un punto di vista musicale principalmente la musica classica, ‘800 e prima metà del ‘900. La filosofia nasce in Germania, dopo la Grecia, se posso citare un filosofo per tutti, Wittgenstein.”

Quando ho letto la sceneggiatura in tedesco mi sono spaventato

Antonio, lei conosceva il tedesco prima di interpretare questa parte?
Antonio Folletto: “Assolutamente no! Anzi, quando ho letto la sceneggiatura ho visto che c’erano monologhi lunghissimi in tedesco e mi sono spaventato. Chiesi a Enrico se aveva previsto una grande preparazione per la lingua, ma c’è stato un coach che mi ha aiutato moltissimo. Non è stato affatto facile.”Come vedete il problema dell’Alzheimer e cosa può fare la società per questi pazienti quando sono in solitudine?
Enrico Iannaccone: “La vita non è come un film, questo è sicuro. Non mi arrogo alcun diritto sanitario, ma in questo film la malattia aveva una funzione precisa, lo sparire progressivo di una memoria che però la protagonista vuole conservare a tutti i costi. Questa memoria che poi si lega a Valerio, Antonio Folletto, che fa di tutto invece per cancellarla. Un paziente affetto da questa patologia non può che essere solo, sarò impopolare nel dire questo, ma bisognerebbe cullare il fatto che vada incontro ad una inevitabile solitudine. Magari non passiva, ma inevitabile. La differenza la fa la gestione della malattia, come in ogni altra cosa.”

Come si mette in scena tale malattia senza fare pietismo?

Enrico Iannaccone: “Prima di impersonare Carla ho frequentato appositamente persone affette da Alzheimer in una casa di riposo, più donne che uomini perché mi interessavano di più le reazioni femminili, soprattutto mi focalizzavo sui saluti. Sono stata sorpresa dal modo in cui queste persone salutavano: erano estremamente serene, anzi quasi sollevate perché potevano riprendere a fare le loro cose senza dover più rispondere.

Riferisco poi il mio esempio personale, di vita privata. Io ho avuto un’emorragia cerebrale un anno fa, avevo perso la capacità di camminare e di ricordarmi le cose e le persone. Questa situazione che può sembrare drammatica, mi ha dato invece una grande pace. Non ho provato paura né rabbia. Un’esperienza fantastica.”

Antonio Folletto, nella vita reale lei è così irruente come nel film? Ha piani futuri?
Antonio Folletto: “Ovviamente no! Ci sono momenti in cui la vita ti mette a dura prova, ma direi di no, non sono come Valerio. Circa i piani futuri, lavoro ad una serie di Gabriele Muccino per Sky, sono sul set, quindi sono molto fortunato, visto il periodo. Ne approfitto per mandare un grosso in bocca al lupo a tutti i colleghi che non stanno lavorando. Al di là dell’irruenza del mio personaggio nel film, mi è piaciuto questo cercare di rinnegare la memoria emotiva, che fa troppo male e porta all’escandescenza. L’esplorazione del dolore è stata molto interessante.”

Temo il tramonto delle sale cinematografiche

Vista la situazione, pensate che il futuro del cinema possa essere compromesso dallo streaming? Avete approfittato delle quarantene per vedere più film? E qual è l’ultimo ad avervi colpito?
Catherine Spaak: “Non ho sentito la mancanza di niente, non sono in grado di rispondere perché in questo periodo sono stata bene, ho sentito che non mi mancava nulla di necessario.”

Enrico Iannaccone: “Lo streaming è una funzione quasi primaria oggi, dunque temo che l’avvento della pandemia abbia inevitabilmente velocizzato quello che era un processo già in atto, il tramonto delle sale cinematografiche. Magari avverrà come per i vinili però, che stanno tornando in auge perché fa vintage. Quindi spero che le sale torneranno in auge, anche perché l’esperienza della sala è e rimane unica.”
Antonio Folletto: “È verissimo che nulla è paragonabile all’esperienza della sala, ma credo che le piattaforme stiano dando una grande mano al cinema. Più del 50% delle produzioni si sono fermate a causa della pandemia, con l’opportunità di andare sulle piattaforme alcune sono riprese e sono tornate a galla. L’ultimo film che ho visto, anzi rivisto perché lo sto guardando di nuovo, è “Parasite”, credo sia un capolavoro incredibile.”

“La vacanza” partecipa al premio cinematografico Globo d’Oro dell’Associazione della Stampa Estera in Italia, edizione 2020-2021.