Emma Dante: “Il film è il modo di dar alle sorelle una casa, un indirizzo.”

Emma Dante: “Il film è il modo di dar alle sorelle una casa, un indirizzo.”

Emma Dante: “Il film è il modo di dar alle sorelle una casa, un indirizzo.”

Incontro streaming con Emma Dante (regista)
di "Le Sorelle Macaluso"
In concorso per il Globo d'Oro 2020-2021

 

“Ho ridotto le sorelle a cinque. Sette mi sarebbero sembrate davvero troppo,” ha detto la regista Emma Dante durante l’incontro virtuale il 9 dicembre 2020 con i membri della giuria del Globo d’Oro. La regista ha parlato del film, il ruolo di Sicilia, il location della casa a Palermo, il successo all’estero e molto altro ancora.

In quale ruolo si trova più a suo agio? “Come attrice non più. Mi sono messa in gioco in un film, ma poi basta. Drammaturga, regista, sono un po’ la stessa cosa, non sono cose slegate le une dalle altre. Non c’è distanza. Per il teatro mi definisco più teatrante, o comunque un’artista che cerca di raccontare una storia attraverso le varie voci, che devono coincidere. Non c’è un ruolo definito dunque non ce n’è uno in cui mi sento più a mio agio di altri.”

Lei ha lavorato all’estero, lì come viene percepita la sua sicilianità? “Forse da un certo tipo di gestualità nel mio teatro, che è espressiva, parte dal corpo. In questo modo il linguaggio del mio teatro è universale, viene compreso da tutti, poi ci sono i sottotitoli, la comunicazione attraverso altri mezzi, ma diciamo che il corpo, la gestualità, il suono, raccontano una comunità che ha una origine ben precisa, che è quella del Sud. Sono legate ad una marginalità, anche ad un degrado.”

In realtà vorrei emanciparmi dalla Sicilia, ci provo e non ci riesco, perché la Sicilia è arte e io sono figlia d’arte

“La mia origine siciliana c’entra sempre. Anche quando cerco di allontanarmi da Palermo, dalla Sicilia, resto invischiata. Il paesaggio che ho davanti agli occhi è sempre quello, da quando sono piccola, e faccio fatica a togliermelo di dosso. In realtà vorrei emanciparmi dalla Sicilia, ci provo e non ci riesco, perché la Sicilia è arte e io sono figlia d’arte.”

Questo film parla dello scorrere del tempo? “C’è tanto del tempo in questo film, ma c’è anche un tempo bloccato, in una sorta di incesto tra la vita e la morte, di presenze e di assenze, che lo rendono atemporale, senza tempo. Un tempo non convenzionale che continua a vivere dentro la casa. La vecchiaia è un traguardo importante, quasi una conquista, visto che in questa famiglia si muore giovani e alla vecchiaia non arrivano tutte. Della sorella morta giovane non vedremo mai il volto da vecchia. Non conosceremo mai l’opera che questo grande chirurgo, il tempo, fa del suo corpo.”

Com’è andato il passaggio dal teatro al cinema per quest’opera? “Il passaggio dal teatro al cinema non è stato traumatico, mi sono distaccata dallo spettacolo teatrale perché era un passaggio diverso, non volevo fare un film teatrale, e al tempo stesso volevo dare alle sorelle una casa, vedere come vivevano, come esercitano quotidianamente la loro vita, tutte cose che nel teatro non si vedono. Mi sono così allontanata dallo spettacolo teatrale e ho ridotto le sorelle a 5, 7 mi sarebbero sembrate davvero troppo.”

Quali le motivazioni per fare un film? “La principale è che questa storia, e questa famiglia, a forza di frequentarle (è uno spettacolo teatrale di 6 anni fa), mi è quasi sembrato di diventare parente di queste sorelle, mi sono talmente legata a loro che ho iniziato a pensare a come poteva essere la loro vita di tutti i giorni, per sapere davvero chi erano queste donne legate nella vita e nella morte. Quasi morbose nel loro vivere insieme. Il cinema era per me il modo di dar loro una residenza, una casa, un indirizzo.”

io penso che questo sia un film per uomini in realtà

Quanto sono durate le riprese? “Abbiamo fatto 4 settimane di prove nella casa, in una via che è una arteria molto importante di Palermo, via Messina Marine, che costeggia il mare ma di sicuro non è luogo di villeggiatura. Un luogo molto affascinante per me. Ho cercato la casa, che nel film è quasi una protagonista, come fosse una sesta sorella, e che nel teatro invece non c’era. Io la casa l’ho cercata tanto, la volevo davanti al mare, ma un mare che fosse di passaggio. Per 9 mesi l’abbiamo affittata, senza mobili, vuota, e lì abbiamo fatto le prove con tutte le sorelle insieme, le giovani, le adulte e le anziane, tutte le generazioni, così hanno captato l’una dall’altra i gesti, i modi di fare. Quindi quando abbiamo iniziato le riprese eravamo molto avanti.

È un film con le donne, ma quanto è ancora maschilista questo mondo? “Secondo me è ancora indietro, si apre poco poco. Quando ho presentato il film e ho avuto la fortuna di seguirlo nelle sale, dopo l’uscita al Festival di Venezia, ho incontrato gli esercenti, e le persone che avevano una straordinaria voglia di vedere film nelle sale, cosa che va salvaguardata a tutti i costi, e io dicevo alle donne, “Portate gli uomini a vedere questo film, se vi è piaciuto, soprattutto perché è un film di donne, o rischiamo di fare cose separate”. Ho avuto tantissimi riscontri da parte delle donne, da parte degli uomini un po’ meno, ma io penso che questo sia un film per uomini in realtà.”

A Venezia il film è piaciuto di più agli stranieri che agli italiani, è vero? “É vero, alla stampa estera è piaciuto molto, non so quali siano gli ingredienti che attirano il pubblico estero più di quello italiano. Io credo sia un film abbastanza anomalo, non c’è una trama tipica, è più un viaggio sentimentale, nel quale si entra o non si entra, ma spero non abbia la leziosità tipica delle saghe familiari. Non so spiegarmi quali siano gli ingredienti per un maggior successo da parte della stampa estera. So comunque che il pubblico italiano lo ha amato moltissimo nelle sale. Il film è rimasto un mese ed è andato benissimo, finché non sono state chiuse.”

Com’è stata la scelta del cast e la direzione di attrici diverse per uno stesso personaggio? “Il casting è stato meraviglioso, hanno lavorato giorno e notte per cercare queste sorelle, che non dovevano essere delle sosie. Le attrici non dovevano somigliarsi, o essere identiche, ma dovevano avere qualcosa di familiare. Il resto poi è avvenuto nelle prove, molto lunghe, con le attrici delle tre diverse generazioni tutte insieme. Queste attrici si sono completamente offerte, in modo assai generoso, senza pensare di essere parte di un film che doveva essere corale, e la coralità si sente secondo me.”

i colombi sono diversi da come sembrano, sono aggressivi e sporchi e non sono angelici

Perché l’unica a rimanere immutabile è Antonella? “Viola Pusateri, che interpreta Antonella a 5-7 anni, resta bambina perché muore. La stessa cosa accade a Maria che muore di cancro nell’età adulta. Restano nella casa perché si racconta la persistenza della vita anche là dove la vita non c’è più. Chi ha avuto perdita di persone care in una casa, sa che ci sono angoli, sulle poltrone, sui muri, dove quelle persone continuano ad essere e noi continuiamo a vederle. Ma non come fantasmi, non mi interessa questo, ma la presenza come ricordo, come esercizio della memoria per chi ha rappresentato qualcosa per noi.”

La colombaia è un simbolo? “Sembra una metafora, certo, coi colombi che volano e danno idea di libertà e pace, ma in verità i colombi sono diversi da come sembrano, sono aggressivi e sporchi, producono tanto guano, non sono angelici se si trovano tutti insieme, infatti non è stato facile girare quelle scene. Volevo poi che a un certo punto i colombi scendessero e si impossessassero della casa. I colombi tra l’altro non lasciano mai la casa, restano sempre in un posto, e anche loro dunque sono una presenza che resta.”

Il film è stato venduto all’estero? “È stato venduto ad un distributore americano e uscirà nelle sale questa primavera, penso. Le canzoni scelte non sono mai di accompagnamento, non sono colonne sonore, ma anzi spesso contraddicono ciò che vediamo. “Inverno” di Battiato si sente quando le ragazze si spruzzano l’acqua in piena estate, come a presagire che qualcosa di brutto sta per accadere. Le musiche originali non andavano bene, alcune, come Satie, dovevano essere musiche ascoltate mille volte che davano fastidio. E infatti ha dato fastidio.”

C’è un episodio nella sua vita che ha segnato la sua esistenza, senza la quale sarebbe stata un’altra persona? “Ho avuto dei lutti prematuri. Un fratello morto molto giovane in un incidente, che ha cambiato il mio modo di vedere la vita, un lutto cui ne è seguito un altro. Ho una relazione con la morte, l’ho avuta e ce l’ho. Per me fare teatro e cinema è anche cercare un po’ di non eliminare il problema, ma di affrontarlo. La morte non deve essere un problema ma una cosa con cui si convive, perché siamo esseri mortali. Non ritrosia, ma coraggio.”

Quali sono i suoi progetti futuri? “Sto lavorando ad uno spettacolo che dovrebbe debuttare in gennaio, ma purtroppo non credo che si potrà ancora farlo. Sto cominciando a scrivere il mio prossimo film, usiamo anche questo periodo di stasi, di immobilismo, per progettare, scrivere e soprattutto continuare a sognare.”